Tel Hai ’83, 1983

cemento, 800x700x140 cm
Tel Hai, Israele

“[Il muro della Biennale] era un atto morale che dichiarava la pratica dell’arte come inizio permanente. Questa immagine del massiccio muro disadorno di una casa si ripete […] in un’altra situazione: sui pendii delle montagne della Galilea, vicino al confine tra Israele e Libano, dove si avverte la tensione creata dalla guerra. Il muro era virtualmente sospeso in un equilibrio delicato tra costruzione e distruzione, ovvero tra vita e morte. Qui non c’era posto né per elementi decorativi, né per strategie stilistiche.”

A. Barzel, Mauro Staccioli. Vignate ’96, Catalogo della mostra, Vignate, Palazzo Municipale, 13 ottobre – 17 novembre 1996, p. 11.

“Su invito di Amnon Barzel, nel 1983 Staccioli partecipa al Contemporary Art Meeting organizzato nel College Universitario di Tel Hai in Israele. Di qui l’idea di un muro da costruire in aggetto sulla collina. Benché inevitabilmente il pensiero corra all’altro muro veneziano, si percepisce subito un grande divario tra le due situazioni. Qui ci troviamo in un contesto del tutto differente, dove le forti connotazioni politiche non possono essere ignorate. L’apparente linearità del linguaggio estetico di Staccioli pare indicare anzitutto due cose: a) l’instabilità della vita in quelle regioni del mondo: l’opera sporge verso un vuoto non privo di senso, a valle c’è il mare, elemento della possibilità; b) poiché posa soltanto in parte le fondamenta nel terreno, è metafora di quella forte sensazione di incertezza, di instabilità, anche fisica, che caratterizza la vita in quei luoghi. Certo anche il ‘muro’ di Tel Hai separa per invitare ad unire e, come se non bastasse, è in bilico, per offrire una chance alla stabilità.”

Maria Laura Gelmini, Mauro Staccioli. All’origine del fare, Corraini Edizioni, Mantova 2008, p. 100