Senza Titolo, 1980
Legno e vernice, 9x42x10,1 cm
Archivio Museo Mauro Staccioli, Volterra
Nel 1980 Staccioli opera nel luogo deputato allo studio, alla ricerca, l’aula magna della Scuola Media Caprin di Trieste. La scelta di una forma poligonale sghemba, volta ad identificarsi come segno critico in grado di attivare la riflessione dell’osservatore, è presente sin dalle prime ipotesi, come la stessa maquette mette in luce. Tuttavia l’intervento definitivo la vedrà collocata ad “occupare” i gradini presenti nell’aula magna. Contemporaneamente alla realizzazione dell’opera si tiene anche un laboratorio dal titolo “Scultura: lavoro critico” che prevede una serie di incontri e dibattiti in cui l’artista discute con le scolaresche delle ragioni dell’intervento: la scultura non è autoreferenziale ma diviene un’operazione culturale nella quale, non perdendo mai di vista la qualità estetica del lavoro, l’abilità manuale si carica di significati utili a stimolare la crescita e la riflessione dell’individuo.
“Una scultura, questa, che è lontana da ogni interesse di abbellimento, che non vuole mimetizzarsi nè accordarsi con i dati fisici e architettonici della struttura ambientale, della quale intende far rilevare appunto lo sviluppo “aulico” del colonnato in uno spazio che aspira più ai grandi eventi che agli incontri quotidiani.
L’ingombro ormai è lì: l’interferenza non effimera con il luogo, ma ancor più con gli utenti si è realizzata. A Staccioli bastava. Vedremo per quanto tempo durerà l’«incomodo»”.
Vincenzo Perna, Mauro Staccioli. Scultura: lavoro critico, Laboratorio Caprin – Trieste, 1980, Tipografia Rosselli, Lovere, 1980.
© Enrico Fontolan, Bibliotheca Hertziana – Max Planck Insitute, Roma. Courtesy Archivio Mauro Staccioli.
L’Archivio Mauro Staccioli ha collaborato con la Bibliotheca Hertziana – Max Planck Institute di Roma per la digitalizzazione dell’intero corpus documentario afferente ai lavori realizzati o ipotizzati dall’artista, dall’inizio della carriera fino al 1988. Si ringrazia il fotografo Enrico Fontolan, il Digital Humanities Lab e il Fondo Fotografico della Bibliotheca Hertziana per l’enorme lavoro svolto. Tutto il materiale è consultabile online cliccando qui.