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Martina Franca ‘79, 1979

Legno e vernice, 26,9×30,3×30 cm
Archivio Museo Mauro Staccioli, Volterra

In occasione degli “Incontri” di Martina Franca, promossi da Enrico Crispolti e Lidia Carrieri nel settembre del 1979, si identificano una serie di finalità cui gli artisti chiamati a partecipare dovranno rispondere: lettura dei segni urbani, interventi conflittuali nello spazio urbano, ricognizione antropologica, fotografia come analisi sociale, analisi di spazi di rapporti personali. Il lavoro di Staccioli corrisponde a più finalità, egli compie una ricognizione fotografica di particolari architettonici e di aspetti socio-ambientali e realizza, poi, un enorme triangolo incastrato, come un cuneo caduto dall’alto, in una strada del centro storico. Il triangolo in cemento armato sconvolge i passanti, sia perchè ne ostacola l’abituale passaggio, sia perchè non si comprende come l’opera sia riuscita a incunearsi in quella posizione. Nella sua presenza inquieta, la relazione tra scultura e passante si impone per forza.

“L’azione di ogni artista è dimensionata al proprio specifico ambito linguistico. Fare scultura è uno dei diversi modi di parlare dell’uomo, della sua condizione: della storia e della vita, del suo presente. […] La forma non è separabile dal contenuto, il fare non è separabile dal pensare. Finite le illusioni totalizzanti degli anni Sessanta, l’artista che vuole incidere sul sociale non deve sperare in una comprensione immediata del fruitore, ma riscopre la validità di un intervento parziale e relativo”.

Mauro Staccioli, comunicato stampa n.23 dell’ Incontro di Martina Franca ’79 (Archivio Mauro Staccioli)

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© Enrico Fontolan, Bibliotheca Hertziana – Max Planck Insitute, Roma. Courtesy Archivio Mauro Staccioli.
L’Archivio Mauro Staccioli ha collaborato con la Bibliotheca Hertziana – Max Planck Institute di Roma per la digitalizzazione dell’intero corpus documentario afferente ai lavori realizzati o ipotizzati dall’artista, dall’inizio della carriera fino al 1988. Si ringrazia il fotografo Enrico Fontolan, il Digital Humanities Lab e il Fondo Fotografico della Bibliotheca Hertziana per l’enorme lavoro svolto. Tutto il materiale è consultabile online cliccando qui.

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